Nel mio percorso lavorativo di articolista ho spesso pensato che avrei potuto dare forma a dei bei pezzi a tema turistico. Con questo pensiero mi trovavo a casa di mia zia, dove in dicembre avevo adocchiato delle piccole riviste colorate. Permettetemi una digressione. La zia in questione è una vera e propria “game-changer letteraria” per il sottoscritto: in un caldissimo pomeriggio agostano ho rinvenuto sul suo divano in pelle rossa una copia dei “Racconti di Pietroburgo”. Vinto dalla noia avevo iniziato a leggerlo, e mi era piaciuto così tanto che in pochi mesi avevo al mio attivo tutto lo scibile di Gogol’.
Con queste premesse, potete capire che quella casa in mezzo alla campagna sia per me una sorta di “Biblioteca di Babele” di borgesiana memoria: non si sa mai quale capolavoro possa capitare in cucina. Nel dubbio, io annuso l’aria ed esploro.
Come dicevo, quell’anno capitarono delle riviste che si rivelarono essere del Touring Club, di cui i parenti in questione sono soci. Con lo scopo di prendere esempio dai più capaci, mi ero imbattuto in un bellissimo articolo su Milano. Chiedendomi chi fosse il fenomeno ad averlo scritto, trovai il nome di Paolo Cognetti.
Avevo sentito parlare del suddetto, ma ignoravo avesse vinto un Premio Strega e che avesse appena tre anni più di me, insomma, l’equivalente letterario di “lo conosco di vista”. Dovessi mai leggere, scusami Paolo.
Il pezzo in questione è assolutamente straordinario, e si trova nel numero di ottobre 2021, per chi volesse ripescarlo. Fulminato sulla via di Damasco… no, non andò come pensate. Preso da altre cose, non riuscii a leggere nulla dello scrittore milanese, e a tutt’oggi non l’ho ancora fatto. La mia consueta parentesi estiva in Calabria però incombe, e provvederò a darmi da fare sotto l’ombrellone che non ho.
Per uno dei casi della vita, parlai di questo articolo alla mia vicina di casa, la quale mi disse di aver visto e aver parlato con l’autore in un negozio di formaggi in montagna, dove peraltro il letterato in questione passa lunghi periodi. Confesso, e a voi posso dirlo, di aver spinto per andare a vedere questo luogo. Si tratta di un ex pascolo con due baite: la prima è la sua residenza. L’altra, in passato una stalla, è stata trasformata in un rifugio per scrittori e studiosi, con postazioni per la scrittura e letti. Tutto nel nobile intento di poter ridare vita ad un posto che era stato abbandonato e dove nel passato si praticava l’agricoltura di montagna.
Il luogo di cui vi parlo si trova a tre rampe in salita da un alpeggio, lontano dal centro del comune di appartenenza, e il fuoristrada, specie nella stagione invernale, risulta essere assolutamente necessario per non restare inchiodati vicino ad un bosco dove amano gironzolare – così sostiene lo stesso Cognetti – “una ventina di lupi”.
Affascinato da questo scenario e con la curiosità a mille, mi riservo di parlarvi a settembre di “Le otto montagne”, il libro premiato dalla giuria dello “Strega”. Nel frattempo, però, vi auguro delle buone vacanze, dato che questo sarà l’ultimo mio post prima della pausa estiva. Possiate passarle in serenità e in ottima compagnia.
A presto!