Berlusconi è stato senza dubbio un elemento estremamente divisivo della storia del nostro Paese. La si pensi come vuole, destra o sinistra, il risultato è innegabile, e lo dico nella maniera più pacifica, oggettiva e rispettosa possibile.
Il ragionamento che mi preme affrontare è un altro: i costumi dell’Italia di oggi sarebbero stati gli stessi anche senza di lui? Avremmo trovato un percorso diverso per arrivare a questo stato, o il nostro Paese sarebbe diverso?
Io vengo spesso colto da dubbi, parlando di questo personaggio che non credo abbia equivalenti nel passato, nemmeno i tanto vituperati Craxi e Andreotti. Né ha probabilmente un equivalente nel futuro prossimo, il che la dice lunga sull’irripetibilità di un uomo che spaziava con nonchalance tra pianobar, stadio, studi televisivi, Parlamento ed aule di tribunale.
Faccio anche fatica a dedurne il carattere dalle interviste di chi lo conosceva. Ne esce fuori un uomo in grado di parlare con chiunque, capace al contempo di essere affettuoso editore di Montanelli ma acerrimo nemico di Biagi. Santoro quasi lo piange in trasmissione dicendo di rispettare un nemico leale dopo averlo combattuto in diretta mille volte, e lo stesso ribadisce Romano Prodi.
Berlusconi è stato tutto: narcisista compiaciuto che parla di sé stesso in terza persona raccontando barzellette autoreferenziali e “capo” umano e sentimentale, pronto ad enormi slanci di generosità. Sessista e galantuomo, presidente europeista e col senso dello Stato ma autore di leggi controverse. Un personaggio senza forma, come un liquido.
Sarà stata l’ansia di piacere a tutti a renderlo così, a regalargli questa apparente impossibilità di essere etichettato, questa fluidità? È stata questa, in un impeto di amor proprio, a portarlo persino a proferire insulti pesanti verso coloro che non lo avrebbero votato?
E ragionandoci, chi di noi in fondo non pensa che gli altri dovrebbero amarci così, proprio per ciò che siamo?
Il cavaliere è stato l’estremizzazione di mille concetti, del bene e del male, produttore di ossimori epici come il “presidente operaio”. L’uomo comune in grado di soddisfare l’esigenza immediata, ed anzi, di crearla con intuito geniale. Vero che ti piacciono le vallette mezze nude del “Drive in”? Vero che vuoi vincere tutto in Europa e nel mondo coi tre olandesi? Vero che ti piacerebbe avere Pippo Baudo su un canale meno ingessato e più fresco della Rai? Ghe pensi mi, un po’ di pubblicità in più durante la trasmissione e siamo a posto.
Berlusconi è stato l’italiano che si arrabatta, che se ha bisogno di un favore chiede, e prontamente ridà, perché gli amici sono amici. Un meccanismo non molto diverso da quello di un contadino che per avere un paio di gomme nuove per il trattore offre al meccanico le primizie dell’orto, e se non basta inserisce nella trattativa qualche uovo in più. Volenti o nolenti, dobbiamo ammettere che ha avuto in sé le contraddizioni proprie di molti italiani. La classe politica è frutto di ciò che offre il popolo, proprio perché votiamo chi ci somiglia di più.
Mi sono immaginato l’attimo del suo trapasso, provando umana pietà per un uomo morente. Pare che abbia riservato la sua ultima visita prima del ricovero al lago dei cigni di Milano 2, la sua prima creazione da imprenditore. Forse in fondo al cuore sapeva che stava per andarsene, chissà.
Mi sono però detto che è Silvio, quello che è morto. Berlusconi era già venuto a mancare da tanto tempo, confinato dai suoi alleati in un recinto sicuro senza poter nuocere, quasi fosse stato un vecchio toro.
Di lui rimarranno tanti interrogativi, alcuni dei quali pesantissimi ed inquietanti, e come sempre sarà la Storia a giudicare.
Cristianamente, dico io, che riposi in pace.