Vi avevo promesso un post sul libro di Cognetti, ed eccoci qui.
Lo ammetto: sono abbastanza confuso riguardo a “Le otto montagne”. Non mi viene in mente un riassunto migliore di questo: è un libro che ha sullo sfondo la montagna valdostana che ho recentemente imparato ad amare, e che nel contempo tratta dell’amicizia e dell’amore con grandissimo pudore. A tratti l’autore sembra quasi imbarazzato, nervoso, ci sono dei salti, talvolta riesco a leggervi tra le righe molta rabbia.
Di tutti i libri che ho letto è probabilmente uno dei più strani. È come se mancasse qualcosa, e contemporaneamente è come se il pezzo non trattato fosse il più chiaro di tutti. La sensazione è quella di un’assenza-presenza, che forse è la qualità migliore, insieme alla trattazione molto molto agile del libro. Dà del tu alla scrittura, e non è assolutamente da tutti.
Ve lo consiglio? Sì, certo, ha vinto un premio “Strega” e lì non ci finisci per caso.
A chi lo consiglio: a chi sta bene psicologicamente.
Esattamente come “Il libro dell’inquietudine”, cento volte più potente di qualunque altro libro – Pessoa è irraggiungibile nel bene e nel male – “Le otto montagne” può farvi salire in cima o precipitare dal burrone.
Provateci, certo. Però dovete essere in forma per tentare la scalata.