Jazz

Avete mai visto “La La Land”? No? Meglio per voi, il finale fa molto arrabbiare, o comunque fa molto arrabbiare me. Ma non è di questo che voglio parlare, bensì di ciò che sta dentro quel film: il jazz.

Correva l’anno 2003-4, insomma, parecchio tempo fa. Inaspettatamente di buonumore, un mio compagno d’università mi dice che devo proprio sentire quel disco, che è di jazz ma che è bellissimo. Ci credo poco: nella vita per me il jazz significava le strombazzate su copione di Louis Armstrong, o la noia mortale di qualche gruppo che avevo visto, gente che sembrava più felice di improvvisare del fatto che la si stesse a sentire. Capirete, dunque, che accolsi quella affermazione con uno scetticismo molto forte. Fu una mattinata molto particolare: aspettavamo di svolgere un esame scritto, ed in quell’attesa vinsi contro di lui l’unica ed ultima partita a scacchi della mia vita contro un essere umano di età superiore agli undici anni, con una scacchiera portatile nel cortile del Centro Linguistico di Pavia.

L’esame andò bene, per la cronaca.

Procuratomi il disco, lo sentii. Nonostante il suo entusiasmo verso qualunque tipo di musica che non mi piacesse (generalmente gruppi nu-metal: ci pensate più, al nu-metal?) dovetti dirgli che aveva perfettamente ragione, era effettivamente un disco incredibile. Si trattava di “Kind of Blue” di Miles Davis.

Non ero il tipo di persona che apprezzava particolarmente il jazz, devo essere sincero. Ma da Davis arrivai a Coltrane, e da lì a Monk, poi ultimamente Chet Baker, e di lì a poco quella musica mi aprì le frontiere di Billie Holiday e di un curioso jazz cantato, e così via. Vorrei che lo sentiste, “Kind of Blue”.

Ed eccolo qui, buon ascolto. E grazie ancora, misterioso compagno, se mai leggerai.
https://www.youtube.com/watch?v=vDqULFUg6CY&ab_channel=JazzNight

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto